I misteri ad Enna
Enna tra mito e realtà. Anticamente era il centro del culto di Demetra-Cerere e della figlia Kore-Persefone, divinità della terra legate alla fertilità e all’attività agraria. Le fonti classiche da Diodoro Siculo a Cicerone, da Ovidio a Claudiano, per citare solo le più famose, decantano Enna come il luogo mitico dove avvenne il ratto di Kore, da parte del dio Plutone, signore degli Inferi. La storia è nota: mentre la bellissima figlia di Demetra, Kore, raccoglie fiori, assieme alle ninfe, sue compagne di gioco, in un luogo meraviglioso, un prato sempre fiorito, che il mito colloca nella città ennese, ecco che Ade, dio degli Inferi, invaghitosi della fanciulla, emergendo dalle profondità della terra, apparso all’improvviso da una grotta, rapisce Kore trasportandola sul suo carro, incurante delle sue grida e delle implorazioni accorate delle ninfe, che assistono inermi. Demetra, affranta per la scomparsa della figlia, vaga disperata alla sua ricerca, rendendo sterile tutta la terra, scatenando una carestia perenne per tutti gli uomini. Finalmente, per intercessione di Zeus, sarà concesso alla madre di potere avere con sé la figlia per sei mesi, mentre per il resto dell’anno, Persefone rimarrà accanto allo sposo come regina dell’Ade, avendo ormai assaggiato i semi della melagrana, offerti con uno stratagemma da Plutone, che così l’ha legata indissolubilmente al regno dei trapassati. Durante i mesi in cui Kore si trova accanto alla madre, Demetra, felice, fa crescere e germogliare i cereali, rende la natura rigogliosa e fertile; in assenza della fanciulla, tutta la terra diventa brulla e sterile, in attesa del ritorno della bella stagione. Questa alternanza ciclica, con conseguente fecondità e infertilità della terra, coincide anche sul piano misterico-religioso, con le fasi morte-rinascita. Partendo da questo enigma esistenziale, si erano affermati in tutto il mondo greco i famosi Misteri eleusini, che si svolgevano appunto ad Eleusi, in Attica, dedicati alle divinità Demetra e Kore. Secondo la tradizione, l’istituzione dei misteri è narrata nel famoso inno omerico “A Demetra”. Essendo Enna il centro più antico e famoso in Sicilia per il culto delle due divinità, non è escluso, anzi è fortemente probabile, che anche qui fossero praticati i misteri in maniera molto simile. A tal proposito vengono in aiuto le testimonianze classiche, in particolare di Diodoro Siculo e Cicerone.
Diodoro (V, 4):”[…] Dopo il ratto di Kore, Demetra, poiché non riusciva a trovare la figlia, accese le fiaccole dai crateri dell’Etna, si recò in molti luoghi della terra abitata e beneficò gli uomini che le offrirono la migliore ospitalità , dando loro in cambio il frutto del grano. Gli Ateniesi accolsero la dea con grandissima cortesia, e a loro per primi, dopo i Sicelioti, Demetra donò il frutto del grano. In cambio di ciò il popolo di Atene onorò la dea molto più degli altri con famosissimi sacrifici e con i misteri eleusini, i quali superiori per antichità e sacralità, divennero famosi presso tutti gli uomini[…]Gli abitanti della Sicilia, avendo ricevuto per primi la scoperta del grano per la loro vicinanza con Demetra e Kore, istituirono in onore di ciascuna delle dee sacrifici e feste cui dettero il nome di quelle e la cui data di celebrazione indicava chiaramente i doni ricevuti. Fissarono infatti il ritorno di Kore sulla terra nel momento in cui il frutto del grano si trova ad essere perfettamente maturo. Scelsero per il sacrificio in onore di Demetra il periodo in cui si incomincia a seminare il grano. Celebrano per dieci giorni la festa che prende il nome dalla dea, una festa splendida per la magnificenza dell’allestimento, durante la cui celebrazione si attengono all’antico modo di vita. In questi giorni hanno l’abitudine di rivolgersi frasi oscene durante i colloqui, poiché la dea, addolorata per il ratto di Kore, scoppiò a ridere a causa di una frase oscena[…]
Secondo il mito, Plutone, compiuto il rapimento, trasportò Kore sul suo carro vicino a Siracusa: squarciò la terra, sprofondò con la fanciulla rapita nell’Ade e fece sgorgare una fonte chiamata Ciane, presso la quale i Siracusani celebrano ogni anno una famosa festa: i privati sacrificano vittime di piccolo taglio, la cerimonia pubblica prevede l’immersione di tori nello specchio d’acqua: questo sacrificio fu introdotto da Eracle al tempo in cui percorse tutta la Sicilia”
Cicerone (In Verrem IV, 49, 50):”Per l’antichità di questa credenza, cioè che in quei luoghi si trovano le tracce e la culla di queste divinità (Demetra e Kore), vi è in Sicilia uno straordinario culto in privato e in pubblico per la Cerere ennese […] Infatti sono ricercati con forte desiderio i misteri degli Ateniesi, dai quali si dice Cerere sia giunta in quella peregrinazione e abbia apportato le messi, quanto grande convenne che fosse allora la venerazione di quelli presso i quali si attesta sia nata ed abbia scoperto le messi? […]. Mi vengono in mente i templi , i luoghi di quel culto […] quel famoso giorno in cui essendo venuto a Enna, mi vennero incontro i sacerdoti di Cerere […] Gli Ennesi credono che Cerere abiti presso di loro, tanto che mi sembravano non cittadini di quella città, ma tutti sacerdoti, tutti abitanti e ministri di Cerere”
Diodoro sottolinea che per prima in Sicilia Demetra donò il frutto del grano, concetto ribadito anche da Cicerone, ponendo l’accento sull’arcaicità del culto. Si può ipotizzare la presenza di divinità femminili ctonie autoctone, legate alla fertilità della terra e alla simbologia della morte-rinascita. E’ emblematico anche il riferimento ad Eracle, l’eroe che precedette la venuta dei Greci colonizzatori in Sicilia, il quale insegnò agli abitanti di Siracusa il rituale dell’immersione dei tori nella fonte Ciane, dove era sprofondato Plutone con il carro dopo il rapimento di Kore. Tutto ciò serve a confermare l’antichità di un culto indigeno di dee assimilate a Demetra e Kore, con le loro stesse caratteristiche.
Diodoro elenca una serie di cerimonie che si celebravano in onore delle dee. Queste erano le Thesmophoria, dedicate a Demetra, l’Anagoghè, che ricordava il ritorno di Kore sulla terra, la Katagoghè, invece la discesa agli Inferi, forse in relazione all’immersione dei tori nella fonte Ciane, e l’Anakalypteria, in ricordo delle nozze tra Kore e Plutone. Nell’ambito di tutte queste cerimonie non è peregrino pensare che si svolgessero anche dei riti esoterico-misterici.
Diodoro considera l’elemento agrario come prioritario in Sicilia rispetto al fattore esoterico, che rappresenterebbe una fase successiva, derivando dalla vicenda mitica stessa che diventa pathos e sofferenza, dal momento del rapimento alla soluzione finale del ritrovamento.
Dalla voce autorevole di Cicerone, sebbene i passi siano enfatizzati dalla requisitoria contro Verre, risulta chiaro che i riferimenti siano inconfutabili e rispondenti al vero, sia per l’antichità dei culti, che per l’importanza che essi conservarono fino ad epoca romana ed oltre. Gli stessi misteri che i Greci avevano istituito ad Eleusi, e che si diffusero in tutto il mondo ellenico, anche in Magna Grecia e Sicilia, non è escluso che fossero presenti nell’isola ancora prima dell’arrivo dei colonizzatori, e che poi si siano fusi con la tradizione misterica di impronta eleusina. Tutto il mito di Demetra e Kore scorre all’insegna di un forte pathos che sicuramente veniva rivissuto e rappresentato durante le sacre cerimonie dedicate alle dee. La coreografia, le offerte, il sacrificio, la musica, erano componenti fondamentali nello svolgimento della pantomima del rituale. Tutto il mito veniva riproposto con apporto scenografico, mimico e sonoro. L’aspetto esoterico-iniziatico emergeva nella fase finale delle cerimonie, forse riservato a pochi, i così detti mystai (iniziati). Tutte le fonti tacciono sui riti d’iniziazione, perché era vietato rivelare come si svolgessero. Tuttavia è possibile ricostruire in parte tali cerimoniali anche se solo per grandi linee. Coloro che venivano iniziati erano in numero limitato e dovevano sottoporsi a una serie di prove, nonchè passare attraverso vari gradi di conoscenza prima di giungere alla rivelazione suprema. Esisteva comunque un parallelismo con il mito stesso. Il percorso spirituale era simbolicamente riferito ai vari momenti che lo caratterizzavano. Infatti esisteva un rituale che ricordava la morte e la rinascita. Si trattava del compimento della vita trascorsa al di fuori della conoscenza vera, per iniziarne un’altra permeata dalla luce della verità. Bisognava quindi ritualmente morire e intraprendere un viaggio verso gli inferi, che poteva svolgersi all’interno di un antro buio, con un percorso irto di difficoltà e prove, attraverso un sotterraneo, sostenendo anche un atto finale di purificazione, dove forse l’acqua entrava a far parte del rito. Questo era il primo grado della conoscenza. L’adepto, l’anno successivo, doveva ripetere un complesso cerimoniale per pervenire all’epopteia, cioè alla visione, la contemplazione della divinità. Infine il segreto della conoscenza, consistente nello svelamento della spiga, simbolo di morte e rinascita, dell’eterno ritorno, era una cerimonia a cui solo coloro che avevano raggiunto un certo grado di conoscenza, potevano accedere, proprio gli adepti. Il sacerdote (ierofante) era colui che si occupava di tutta la celebrazione. Tra gli oggetti sacri legati all’iniziazione, oltre la spiga, troviamo la cesta, contenente elementi simbolici, che servivano alle cerimonie. Gli iniziati bevevano anche sacre bevande: nell’inno omerico “A Demetra”, la regina Metanira offre alla dea il ciceone, una pozione a base di orzo mista ad altre sostanze:
“La donna preparò il ciceone e lo diede alla dea, secondo il suo comando; lo prese Demetra, augusta signora, e instaurò il rito”.
Si può anche supporre che tale bevanda contenesse degli allucinogeni per consentire uno stato di trance mistica dell’iniziato. Si potrebbe pensare al papavero, presente nella tradizione iconografica di Demetra, o ad altri prodotti che sono facilmente reperibili in natura. Tutte le cerimonie di iniziazione riflettevano dei passaggi in ricordo del mito, quindi una sorta di morte rituale, un abbandono del costume di vita precedente, per conseguire una conoscenza superiore. Gli iniziati prima di compiere il viaggio esoterico, si astenevano dall’assumere cibi e digiunavano fino alla fine del cerimoniale, in memoria del prolungato digiuno della dea dopo il rapimento della figlia. Nel corteo erano presenti le fiaccole, che Demetra aveva acceso sull’Etna quando vagava in cerca di Kore. In un altro episodio del mito, la dea ride ai motti di Iambe, e infine beve il ciceone, istituendo i misteri. Tutti questi passaggi dovevano essere rigorosamente osservati e ritualizzati prima di arrivare alla vera conoscenza. Anche Diodoro, come è stato sottolineato, ricorda l’episodio del riso liberatorio della dea che preclude al ritorno della figlia e al periodo di rinascita e rigogliosità sulla terra.
Enna si presta molto bene alla celebrazione dei misteri. E’ un luogo alto, scosceso, in tempi antichi ricco di boschi e vegetazione, pieno di grotte scavate nella roccia, dalle acque perenni, con la presenza della famosa “Rocca di Cerere”, un enorme area rocciosa, deputata al ricordo del culto demetrico, con un contesto archeologico, naturalistico e paesaggistico non estraneo a forti suggestioni di carattere sacro, con implicazioni religioso-esoteriche. L’area che comprende i resti dell’antico castello, ben si presta all’idea del sacro e alla celebrazione di mistiche cerimonie dedicate alle dee, anche secondo quanto raccontano le fonti.
Il culto di Demetra e Kore si afferma e si diffonde specialmente sotto i Dinomenidi, e anche i misteri avranno goduto di larghi consensi. Ciò avverrà anche nel periodo timoleonteo, dopo la battaglia del Cremiso (341 a.C.), quando conclusa la pace con Cartagine, abbattuta la tirannide, si attua la symmachia; sulle monete coniate in quest’epoca appare la testa di Kore, assieme alle fiaccole e alla spiga. Tutto questo è emblematico, perché la diffusione del culto nell’ambito isolano, testimonia molto probabilmente anche un’affermazione dei misteri.
A riprova di quanto detto, Enna rappresenta un centro di irradiazione del culto demetrico in Sicilia, e probabilmente anche dei misteri ad esso collegati, e tale rimarrà fino al tardo periodo imperiale romano.