Le capacità investigative di Joe Petrosino: la sua ascesa
Petrosino lavorò alacremente raggiungendo sempre successi, ma la sua carriera subì una svolta fondamentale con il famoso caso dell’ “uomo nel barile”.
Nel 1903 in un barile fu ritrovato il cadavere di un uomo ucciso a coltellate, con gli organi genitali in bocca. Non si conosceva chi fosse il morto. Il caso fu affidato a Petrosino, considerato uno dei migliori investigatori. Egli accettò con entusiasmo l’incarico. Attraverso una serie di prove e indizi riuscì a risalire all’identita’ della vittima, al luogo dove era stato compiuto il delitto e anche agli autori, tutti italiani emigrati in America che avevano costituito un’associazione a delinquere il cui capo era considerato Vito Cascio Ferro, potente boss della malavita. Anche se i presunti colpevoli furono arrestati, vennero presto scarcerati su cauzione, infine prosciolti per mancanza di prove.
In breve tempo divenne sergente e poi luogotenente. I suoi successi furono molteplici; era un uomo che non andava tanto per il sottile nel trattare con i criminali. I superiori tolleravano i suoi metodi non molto morbidi, lasciandogli libertà di manovra nel corso degli arresti.
Spesso era stato ferito durante le colluttazioni con gli arrestati, ma, essendo provvisto di una corporatura solida e forte, difficilmente veniva sopraffatto dagli avversari negli scontri corpo a corpo. Era dotato di notevole forza fisica, di grande coraggio e determinazione. In una sola occasione il suo intuito e le sue ipotesi furono sottovalutate.