Vito Cascio Ferro: la sua ascesa criminale
In seguito all’arrivo dell’esercito mandato da Crispi per sgominare i fasci e reprimere ogni rivolta, dopo l’editto del commissario straordinario Morra di Lavriano che mise al bando per sempre quelle forme associative, si rifugiò in Tunisia. Passato il momento di pericolo, ritornato in Sicilia, incominciò la sua ascesa nel mondo della criminalità organizzata, come annota Ceola nella sua relazione conclusiva indirizzata al Presidente della Sezione di Accusa. Il fascicolo dei suoi reati è quanto di più complesso e confusionario si possa immaginare. Tra le carte ingiallite è possibile leggere le accuse più diverse: lesioni, bancarotta, oltraggio, minacce contro la polizia, incendio doloso, estorsione, concorso nel rapimento di Clorinda Peritelli baronessa di Valpetrosa; per continuare negli anni Venti, con l’associazione per delinquere e condanna del Tribunale di Sciacca a nove anni di reclusione ed a due di sorveglianza speciale. A tutto questo si devono aggiungere i suoi precedenti, di cui si è parlato, relativi al periodo in cui partecipò ai movimenti dei fasci come anarchico. Egli riuscì ad essere capo mafia di Bisacquino, Campofiorito, Corleone, Contessa Entellina, Chiusa Sclafani, Burgio e Villafranca Sicula. Da non dimenticare la parentesi americana di qualche anno, durante la quale riuscì a raggiungere i posti di comando della malavita italoamericana. Era considerato il padrino per eccellenza, uomo d’ “onore”, diverso da tutti quelli che lo avevano preceduto, in quanto rispettato e temuto, anche perché sicuramente più colto e carismatico dei suoi amici, rozzi e ignoranti. Egli si presentava bene all’occhio estraneo: dai modi raffinati, elegante, di statura alta, snello, di bella presenza, non aveva nulla a che spartire con gli altri capi mafia. Frequentava la buona società appartenente al mondo politico, all’aristocrazia, alla borghesia altolocata. Conduceva una vita dispendiosa, vivendo con larghi mezzi finanziari. Il suo nome a New York, era molto noto e tenuto in considerazione, come pure in Sicilia. Il suo intento era quello di creare un collegamento forte e duraturo, fino ad allora mai realizzato completamente, tra la mafia siciliana e quella americana.