Novembre 1830: moriva in quell’anno il re delle due Sicilie Francesco I di Borbone. La Cerere Giornale Officiale di Palermo, comunicava l’esiziale evento con tutte le notizie relative e con l’enfasi dovuta per la morte del re. Scrive il cronista del tempo: “Arrivato inopinatamente nelle scorsa notte il reale pachetto a vapore, siamo stati colpiti dalla più infausta delle notizie, la quale ci ha immersi nel più profondo dolore. Sua Maestà l’Augusto Francesco I, nostro adorato Sovrano, è passato da questa vita agli eterni riposi nel dì otto del corrente. Il pubblico lutto a tale annunzio si è manifestato coi segni più evidenti ed i più estesi, quale appunto dovea essere l’effetto di una perdita così grande. Soltanto la piaga del nostro cuore è stata in parte lenita dalla certezza di trovare le virtù in quell’ottimo Re, l’adorabile Ferdinando II, che a lui succede, erede non meno del trono, nel nome del suo avolo eccelso”.

Dopo questo comunicato, segue la pubblicazione delle dichiarazioni del re neoeletto Ferdinando II: “Avendoci chiamato Iddio ad occupare il trono dei nostri augusti antenati, in conseguenza della morte del nostro amatissimo padre e re Francesco I di gloriosa memoria[…] siamo persuasi che Iddio nell’investirci della sua autorità, non intende che resti inutile nelle nostre mani, se pure neppure vuole che ne abusiamo. Vuole che il nostro regno sia un regno di giustizia, di vigilanza di saviezza, che adempiamo verso i nostri sudditi alle cure paterne della sua Provvidenza[…] In primo luogo essendo convinti che la nostra santa cattolica religione è la fonte principale della felicità dei regni, nostra cura sarà quella di conservarla in tutti i nostri stati[…] I vescovi abbiano tutta la fiducia, che seconderanno col loro zelo le nostre giuste intenzioni e adempiranno esattamente il dovere del loro episcopato. In secondo luogo, non potendo esservi nel mondo alcuna ben ordinata società senza una retta ed imparziale amministrazione della Giustizia, così sarà questa il secondo scopo al quale rivolgeremo le nostre più attente sollecitudini. Noi vogliamo che i nostri tribunali siano santuari, non profanati dagli intrighi, dalle protezioni ingiuste. Agli occhi della legge tutti i nostri sudditi sono uguali, e procureremo che a tutti sia resa imparzialmente la giustizia. Finalmente il ramo delle finanze richiama le nostre particolari attenzioni[…] Noi non ignoriamo esservi in questo ramo delle piaghe profonde, e che il nostro popolo aspetta da noi qualche alleviamento[…] Speriamo che tutti imiteranno il nostro esempio al fine di restituire al regno quella prosperità che deve essere l’oggetto di tutte le persone oneste e virtuose. Riguardo poi alla nostra armata, siccome con la sua disciplina ed ottima condotta, si è già resa degna della nostra stima, così dichiariamo che non lasceremo d’occuparci di essa e del suo bene, sperando che dal suo canto ci darà in tutte le occasioni le prove della sua inviolabile fedeltà e che non macchierà l’onore della sua bandiera”

Belle intenzioni quelle di Ferdinando II. Ma chi era il re appena salito al trono? Il padre Francesco I aveva avuto un regno breve e grigio. Giunto al potere nel 1825, all’età di 48 anni, abolì la guardia nazionale, arruolando mercenari svizzeri. Pauroso e dissimulatore, volle le truppe austriache nel regno, per ogni evenienza di ribellioni. Non seppe impedire ruberie, ingiustizie, favoritismi. Il figlio Ferdinando II governò dapprima con moderazione e saggezza, concedendo anche amnistie ai prigionieri politici. Dopo il matrimonio con Maria Teresa d’Austria, a seguito della morte della prima moglie Maria Cristina di Savoia, divenne sostenitore dei principi assolutistici e fortemente reazionario. I moti del 1848 lo resero irriducibile contro ogni forma di liberalismo, anche se fu costretto a concedere la costituzione, subito dopo abrogata. Per la ferocia con cui domò la rivolta della Sicilia, gli fu attribuito l’epiteto di Re Bomba. Tuttavia seppe amministrare bene lo Stato. Incrementò le costruzioni pubbliche, costruendo anche la prima ferrovia d’Italia Napoli-Portici. Favorì le comunicazioni tra Napoli e la Sicilia con una vasta rete telegrafica a sistema elettrico.

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