Nella primavera di quest’anno ricorre il centenario della morte di tre grandi siciliani che hanno rappresentato un punto di riferimento per la cultura isolana. Si tratta di Salvatore Salamone Marino, Giuseppe Pitre’, Gioacchino Di Marzo. Ciascuno di loro ha contribuito notevolmente a diffondere la conoscenza delle tradizioni siciliane, a conservarne la memoria nel tempo.

È opportuno illustrare per ognuno di loro quali furono i meriti che li distinse.
In questo primo intervento si parlerà di Giuseppe Pitre’, forse il più noto dei tre, anche perché oggi esiste l’omonimo museo a Palermo da lui fondato.
Giuseppe Pitre’ nasce a Palermo il 21 dicembre del 1841. Era figlio di un marinaio che morì di febbre gialla in America a New Orleans dove era emigrato. Rimase orfano giovanissimo. Apparteneva a una famiglia modesta che tuttavia non trascuro’ la sua educazione. La madre infatti gli inculco’ principi ispirati alla libertà. Nel 1860, allo scoppio della rivoluzione, si arruolò sul Washington, una nave che apparteneva alla Marina garibaldina. Una volta sciolto l’esercito meridionale, ritornato a Palermo, si iscrisse all’universita’ alla facoltà di medicina conseguendo la laurea. Tuttavia il suo più grande interesse rimase sempre quello di coltivare le tradizioni popolari, retaggio del Romanticismo. La poesia popolare era considerata come un modello di grande fascino. Il suo merito fu quello di avere dato un valore scientifico alla disciplina dello studio di usi e costumi popolari, compresa la tradizione orale tramandata da generazioni. Da questa passione coltivata nel tempo, diventata grazie a lui una vera e propria scienza di studio, nacque la monumentale opera dal titolo “Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane” in venticinque volumi, dove raccolse le tradizioni delle usanze siciliane in tutte le loro manifestazioni, spettacoli, poesie, feste, racconti, filastrocche. Vanno menzionate in particolare le monografie dei “Canti popolari”, delle “Novelle”, dei “Proverbi”, degli “Indovinelli”, dei “Giochi fanciulleschi”. Egli fu dunque un raccoglitore di tutte queste testimonianze che sarebbero andate perdute senza le sue costanti ricerche. Tuttavia non fu un erudito, ma uno studioso attento a tutte gli aspetti che caratterizzarono le tradizioni isolane, mettendole a confronto non solo con quelle di altre regioni italiane, ma anche con il folklore europeo. Acuto osservatore e critico, ebbe il merito di avere organizzato e disciplinato una materia ricca, molto vasta e dispersiva per le varie sfaccettature, determinandone i confini e le caratteristiche. L’opera del Pitre’ assume un aspetto scientifico e si può considerare una pietra miliare della cultura a livello internazionale. A lui si deve la formazione di una scienza vera e propria. Per diffondere questa cultura popolare, il Pitre’ diresse assieme a Gaetano Di Giovanni, altro illustre studioso di tradizioni popolari, una raccolta di “Curiosità popolari italiane” e con Salomone Marino “l’Archivio per lo studio delle tradizioni popolari”, con la collaborazione dei più insigni studiosi italiani ed europei della materia. A lui si deve la realizzazione del Museo Etnografico Siciliano. Fu presidente dell’Accademia di Scienze, Lettere e Arti, dell’Accademia di Medicina, della Società Siciliana della Storia Patria, socio dell’Accademia della Crusca. Per i suoi meriti venne nominato Senatore del Regno nel 1914. Fu professore di demopsicologia (materia con la quale veniva definito il folklore) all’Universita’ di Palermo dal 1910 fino alla morte avvenuta il 10 aprile 1916. In America furono tradotte e pubblicate le sue opere specialmente i proverbi e le fiabe. Indimenticabile le pagine dedicate alle storie dì Giufà, figura comica della tradizione popolare. La sua salma venne trasportata al Pantheon di San Domenico nel 1923.

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