Agosto 1911. Incontro Vito Cascio Ferro in un caldo pomeriggio estivo. Mi riceve nella sua casa ben arredata ed elegante. Si presenta con un’aria distaccata e guarda in viso con occhi penetranti ed indagatori. Veste in abito scuro realizzato da ottime sartorie, si vede dal taglio impeccabile e dalle rifiniture, completo di gilet, cravatta e camicia bianca con polsini d’oro. Le mani sono curate, lunghe e squadrate, tradiscono forse un passato di duro lavoro contadino, ma adesso sono lisce e non più acconce ad eseguire lavori manuali. Non trapela nervosismo dal suo sguardo freddo, il volto è impassibile, le labbra accennano un rapido mezzo sorriso. Mi fa accomodare su una poltrona, mentre la luce accecante filtra offuscata dalle tende del salotto. Gli chiedo come mai abbia deciso di accettare di essere intervistato sull’omicidio di Joe Petrosino. Non si scompone, si siede lentamente e mi risponde che è molto incuriosito dalle domande che gli farò. Mi fa cenno di cominciare l’intervista
– Nella sentenza della Corte di Appello di Palermo del 22 luglio 1911 lei viene definito “uno dei più noti mafiosi di questa parte della Sicilia e risulta provato che negli Stati Uniti dell’America del Nord, dove egli fu, formava insieme ai predetti Costantino, Morello, Fontana ed altri designati come capi della Mano Nera, una congrega sinistra tenuta d’occhio in modo speciale dal luogotenente Petrosino”. Cosa mi dice in proposito?
– Direi che tale definizione è quanto meno troppo fantasiosa se si considera il fatto che io godo di autorevoli amicizie di politici e gente altolocata di Palermo. Ho forse una fama non proprio ineccepibile, basata solo su ipotesi senza fondamento. Mancano prove che lo dimostrino. Certamente in passato ho commesso degli errori, ma mi sembra eccessivo quel che si dice sulla mia reputazione. Credo che la mia fama non corrisponda ai fatti reali.
– Grazie alla testimonianza dell’onorevole De Michele Ferrantelli che gli ha fornito un alibi senza tema di smentita e senza alcuna titubanza di sorta, affermando che era stato suo ospite a Burgio dal 6 al 18 marzo, lei è stato scagionato dall’accusa di avere ucciso il tenente Joe Petrosino. Deve essere grato all’onorevole che lo ha aiutato in una circostanza così importante.
– Il deputato De Michele Ferrantelli, al quale mi lega una forte amicizia ormai da molti anni, si è comportato nel modo giusto, dicendo soltanto la verità, io sono stato con lui a Burgio per la campagna elettorale delle prossime elezioni. Mi ha ospitato nella sua casa come è accaduto altre volte.

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