Oligarchia e democrazia
“Quale sistema politico intendi per oligarchia? (letteralmente: ‘governo di pochi’) – La costituzione fondata sul censo, risposi, in cui i ricchi governano, mentre il povero non può partecipare del potere […] Uomini ambiziosi di affermarsi e di ricevere onori, finiscono col diventare affaristi […] portano alle cariche pubbliche il ricco, mentre sprezzano il povero […] Un simile stato è per forza non uno ma duplice: quello dei poveri e quello dei ricchi” Queste sono le parole di Socrate nel libro VIII dell’opera di Platone La Repubblica. Il periodo è quello tra il V e il IV secolo a. C. Si legge ancora: “Nelle oligarchie i governanti, poiché sono negligenti e permettono una vita dissoluta, talvolta hanno costretto alla povertà uomini non ignobili, costoro se ne stanno oziosi nella città muniti di pungiglioni e di armi, chi è carico di debiti, chi senza diritti civili, chi poi gravato dei due mali, e pieni di odio tramano insidie a chi ha acquistato i loro beni, bramosi di una rivoluzione […] Gli uomini d’affari, a testa bassa, fanno finta di non vederli nemmeno […] e non rendono se stessi incuranti d’altro che non sia far denaro […] La democrazia nasce quando i poveri, dopo aver riportato la vittoria, ammazzano alcuni avversari, altri ne cacciano in esilio, e dividono con i rimanenti, a condizione di parità, il governo e le cariche pubbliche […] forse tra le varie costituzioni questa è la più bella, come un variopinto mantello ricamato a fiori di ogni sorta, così anche questa che è un vero mosaico di caratteri, potrà apparire bellissima […] Dividiamo uno stato democratico in tre classi […] La prima vi si forma, come nello stato oligarchico […] nella democrazia essa costituisce, con poche eccezioni, l’elemento predominante […] ogni cosa, è amministrata da questa classe. Inoltre dalla massa popolare si distingue un’altra classe, i fuchi (parassiti). La terza classe poi è il popolo: tutti coloro che lavorano per sé […] gente che possiede ben poco. […] Ora il popolo non è sempre solito mettere alla propria testa, in posizione eminente un solo individuo, mantenerlo, farlo crescere, ingrandire? […] Tutte le volte che nasce un tiranno, esso spunta dalla radice del protettore, non da altra parte”.
Quello che Platone scrisse duemilacinquecento anni fa sembra oggi ripresentarsi. Questo attuale è un periodo di cambiamenti radicali che sembrano rispecchiare in pieno quanto affermato ne La Repubblica. Ciò che si sta verificando in Italia, non solo, ma anche in Europa e nel mondo occidentale, è un fenomeno in cui sono in piena accelerazione grandi trasformazioni politiche con la drammatica involuzione di un sistema consolidato di natura socio-economica introdotto negli ultimi decenni; tutto questo provocato da una crisi finanziaria prolungata, portata avanti dal potere forte della grande finanza mondiale. In Italia la democrazia è palesemente sull’orlo del baratro. La corruzione ha pervaso ogni settore, i partiti e i leader sono ormai ingessati in un comportamento statico sempre più influenzati dalle potenti lobbies della finanza.
La democrazia sgretolata si sta trasformando in una “democrazia oligarchica” come appunto ricorda Platone. E’ un disfacimento graduale; vengono ignorate le norme democratiche con conseguente trascuratezza degli interessi della maggioranza dei cittadini. Un governo oligarchico concentra ingenti quantità di denaro – nel nostro caso miliardi di euro – presso una “oligarchia finanziaria”, che tende a ridurre il tenore di vita di milioni di cittadini tramite “interventi di austerità”. Il parlamento in nome del bene comune, obbedisce a questo governo di oligarchi. Il popolo diventa spettatore inerte ed inerme anche se monta la rabbia e l’ostilità.
Le voci del dissenso forti e decise sono soffocate dai mass media che fanno a gara ad interpellare esperti e accademici, spesso stretti collaboratori dell’oligarchia finanziaria. Quando la crisi economica peggiora, gli investitori esigono tassi di interesse sempre più alti, allora si ricorre a nuove misure di austerità. Si accentuano le diseguaglianze, a poco a poco viene messa in luce la natura oligarchica dell’esecutivo. Le basi sociali del regime si restringono. Gli impiegati della classe media e i professionisti cominciano ad avvertire l’erosione di stipendi, salari, pensioni, le condizioni di lavoro peggiorano, cade la speranza di carriera futura. Il potere è nelle mani di un’elite di banchieri celati dietro un’ideologia ingannevole secondo la quale in un momento di emergenza così drammatico, è un bene per tutti che lo stato sia amministrato da tecnici esperti, apolitici e privi di interessi. Costoro in realtà hanno svolto compiti in ambiti di grandi interessi finanziari. Questi incarichi svolti presso istituti finanziari di una tale importanza a livello internazionale, che regolano le sorti di interi stati attraverso la detenzione del potere capitalistico, sono elementi di cui non si può non tenere conto, i quali fanno riflettere sul ruolo di questa nuova classe di governanti. Questi tecnocrati, freddi, apolitici, calmi, insensibili a qualsiasi forma di protesta sociale, dipendono dalle banche estere per le loro nomine e l’attività svolta all’interno di esse. E’ spontaneo supporre che sono soltanto strumenti e rappresentanti diretti dei banchieri europei e americani. In questo marasma che sfugge ad ogni serena comprensione e valutazione, i pubblici dipendenti rischiano di perdere il posto, non possono andare in pensione, perché l’età per andarvi, è stata allungata; i salari vengono ridotti drasticamente e il diritto a un posto fisso, diventa soltanto chimera. Le imprese sono vendute a capitalisti stranieri, con sconvolgimenti interni e cambiamenti radicali, tagli al numero dei dipendenti, che si ritrovano in breve senza occupazione in età matura, completamente allo sbando. I contratti collettivi di lavoro vengono messi in discussione, tutto diventa precario e aleatorio. E’ questa una fase che sembra costituire il passaggio verso una dittatura del capitale, esercitata da questi tecnocrati. Platone parla appunto della netta divisione di tre classi presenti in uno stato democratico che comincia a mostrare segni di cedimento, una è quella oligarchica, che di fatto comanda, costituita dal governo di poche persone che hanno in mano il potere economico; un’altra passiva e parassitaria che cerca di farsi strada in politica arricchendosi; infine il popolo, più numeroso di tutti, che subisce e vive di lavoro, sostentandosi come può. Allude chiaramente al fatto che la tirannide nasce sempre dalla degenerazione di una democrazia in disfacimento, dove regna l’anarchia. Il tiranno si presenta sempre come un protettore, che sembra lavorare per il bene della massa, ma in realtà punta ad esercitare un potere forte, come sta accadendo adesso con l’affermazione di un regime capitalistico. Questo tipo di politica a favore delle lobbies della finanza è mascherata da riforme necessarie, come àncora di salvataggio per evitare il fallimento. Si può a ragione parlare di poteri dittatoriali del capitale, manovrati da tecnocrati adibiti a quello scopo.
Dopo il regime fascista e quello dei Colonnelli in Grecia, non si era mai vista una crisi così forte dei diritti democratici. Si gioca sulla paura del popolo, con la prospettiva di una catastrofe senza ritorno, che attiva un’angoscia collettiva. L’unico rimedio per questa malattia, è ingoiare l’amara medicina prescritta dal governo oligarchico dei tecnici, toccasana infallibile per guarire. Con gravità e saggezza, fanno appello ad equi sacrifici, per far prosperare le generazioni future. Intanto la disoccupazione aumenta, vengono licenziati migliaia di dipendenti, con la falsa speranza che torni il benessere. Essi riescono a dare un’immagine affidabile e pulita del governo, pronto a prendere decisioni efficienti e produttive. Vogliono far credere che finalmente si sia data una scossa alla paralisi politica sorta dallo scontro interno dei partiti sempre in lotta tra loro.
I dittatori tecnocratici riescono così a dare un’immagine positiva alimentando l’indignazione popolare nei confronti dei privilegi dei politici, compromessi anche con la giustizia. Si assicurano in tal modo il consenso o l’adesione passiva della gente spesso portata fuori strada dalle loro parole, con la complicità compiacente dei mass-media. Il principale rischio provocato dal dissenso popolare nei confronti di un governo tecnocratico è quello che i politici della vecchia guardia potrebbero tentare, con la demagogia, di approfittarne, imbonendo il popolo con la prospettiva di liberarsi da un regime capitalistico, instaurando così un vecchio sistema marcio e corrotto.
Gli oligarchi politici della prima repubblica ora ritornati al potere ricominceranno a portare in scena la solita farsa, rifacendosi all’annoso problema dei pagamenti dell’eterno debito pubblico, continuando il processo della recessione senza scampo. E’ ciò che potrebbe accadere. Ma è solo un’ipotesi.