20 gen 2018
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Apuleio e L’asino d’oro
Le “Metamorfosi” o “L’asino d’oro” è un’opera di Lucio Apuleio, vissuto nel II secolo d. C. originario di Madaura, città della Numidia, provincia romana. La storia, sotto forma di romanzo, narra le avventure di Lucio, il protagonista, che per un sortilegio magico, viene trasformato in asino, continuando a mantenere le capacità cognitive di essere umano. Tutta la trama si snoda attraverso le peripezie tragicomiche dell’infelice malcapitato, che cerca disperatamente di riprendere sembianze di uomo. Si tratta di un viaggio iniziatico vero e proprio con molti ostacoli e prove che Lucio deve superare prima di subire la trasformazione per riprendere il primitivo aspetto. La sua metamorfosi non sarà solo fisica, ma anche interiore. Tuttavia, riprese le sembianze umane, l’autore vuol dimostrare al lettore, che l’essere umano è spesso sciocco e non sa trarre insegnamento dall’esperienza della vita. Nell’XI libro dell’opera il protagonista invoca la dea Iside con una preghiera che proviene dal profondo del suo essere. La dea gli appare in sogno in tutto il suo splendore:
“Dovevano essere le prime ore della notte quando, per un’improvvisa sensazione di paura, io mi svegliai […] ero come immerso nel misterioso silenzio della notte profonda e sentivo lo strano fascino dell’eccelsa dea che esercita il suo potere sovrano su tutti gli esseri viventi […] così pregai l’onnipotente divinità.
‘O regina del cielo, […] Liberami da quest’orrendo aspetto di quadrupede, rendimi agli occhi dei miei cari, fammi tornare il Lucio che ero.E se poi qualche divinità che ho offesa mi perseguita con una crudeltà così accanita, mi sia almeno concesso di morire se non mi è lecito vivere. Così pregai versando lacrime e lamenti da far pietà, finché nuovamente il sonno non vinse il mio animo spossato ed io non ricaddi là dove m’ero steso poc’anzi. Ma avevo appena chiusi gli occhi, quand’ecco che sulla superficie del mare apparve una divina immagine, un volto degno d’esser venerato dagli stessi dei. Poi la luminosa parvenza sorse a poco a poco con tutto il corpo fuori dalle acque e a me parve di vederla, ferma, dinanzi a me. Mi proverò a descrivervi il suo aspetto mirabile se la povertà della lingua umana mi darà la possibilità di farlo o se quella stessa divinità mi concederà il dono di un’efficace e facile eloquenza. Anzitutto i capelli, folti e lunghi, appena ondulati, che mollemente le cascavano sul collo divino. Una corona di fiori variopinti le cingeva in alto la testa e proprio in mezzo alla fronte un disco piatto, a guisa di specchio ma che rappresentava la luna, mandava candidi barbagli di luce. […] Indossava una tunica di bisso leggero, dal colore cangiante, che andava dal bianco splendente al giallo del fiore di croco, al rosso acceso delle rose […] . Quei lembi e tutto il tessuto erano disseminati di stelle scintillanti e in mezzo ad esse una luna piena diffondeva la sua vivida luce [..] Tale e così maestosa, spirante i profumi felici d’Arabia, si degnò di parlarmi la dea. <Eccomi o Lucio, mossa alle tue preghiere, io la madre della natura, la signora di tutti gli elementi, l’origine e il principio di tutte le età, la più grande di tutte le divinità, la regina dei morti, la prima dei celesti, colei che in sé riassume l’immagine di tutti gli dei e di tutte le dee, che col suo cenno governa le altezze luminose del cielo, i salubri venti del mare, i desolati silenzi dell’oltretomba, la cui potenza, unica, tutto il mondo onora sotto varie forme, con diversi riti e differenti nomi. Per questo i Frigi, i primi abitatori della terra, mi chiamano Pessinunzia, Madre degli dei, gli Autoctoni Attici Minerva Cecropia, i Ciprioti circondati dal mare Venere Pafia, i Cretesi arcieri famosi Diana Dittinna, i Siculi trilingui Proserpina Stigia, gli antichi abitatori di Eleusi Cerere Attica, altri Giunone, altri Bellona, altri Ecate, altri ancora Ramnusia, ma i due popoli degli Etiopi, che il dio sole illumina coi suoi raggi quando sorge e quando tramonta e gli Egizi, così grandi per la loro antica sapienza, venerandomi con quelle cerimonie che a me si addicono, mi chiamano con il mio vero nome, Iside regina. Eccomi, sono qui, pietosa delle tue sventure, eccomi a te, soccorrevole e benigna. Cessa di piangere e di lamentarti, scaccia il dolore, grazie ai miei favori ormai già brilla per te il giorno della salvezza. Sta’ ben attento, invece, agli ordini che ti do: il giorno che sta per nascere da questa notte, come vuole un’antica tradizione, è consacrato a me. In questo giorno cessano le tempeste dell’universo, si placano i procellosi flutti del mare, i miei sacerdoti, ora che la navigazione è propizia, mi dedicano una nave nuova e mi offrono le primizie del carico. Dunque, con animo puro e sgombro da timore, tu devi attendere questo giorno a me sacro. Infatti ci sarà un sacerdote in testa alla processione, che per mio volere porterà intrecciata al sistro una corona di rose. Senza esitare tu fatti largo tra la folla e segui la processione, confidando in me, poi avvicinati a lui come per baciargli devotamente la mano e afferrargli le rose. Vedrai che in un attimo ti cadrà questa brutta pelle d’animale che anch’io già da tempo detesto. Non aver paura, ciò che ti dico di fare non è difficile, perché in questo stesso istante in cui ti sono davanti, sono presente anche altrove e al mio sacerdote sto dicendo in sogno le cose che deve fare. Per mio comando la folla assiepata ti farà largo e a nessuno, in questa lieta ricorrenza e nell’allegria della festa, ripugnerà quest’orribile aspetto che hai o giudicherà male la tua metamorfosi interpretandola addirittura come un fatto sinistro. Ma ricordalo e tienlo bene a mente una volta per tutte, che la tua vita, fino all’ultimo giorno, è ormai consacrata a me. Del resto mi pare sia giusto che tu dedichi la tua esistenza a colei che per sua grazia ti ha fatto tornare uomo fra gli uomini. E tu vivrai felice, vivrai glorioso sotto la mia protezione, e quando il tempo della tua vita sarà compiuto e scenderai agli Inferi, anche allora, in quel mondo sotterraneo, nei campi Elisi, dove tu abiterai, vedrai me, come in questo momento, risplendere fra le tenebre dell’Acheronte, regina delle dimore Stigie e continuerai ad adorare il mio nume benigno […] Posto fine all’augusta profezia l’invitta divinità scomparve. Quanto a me mi ritrovai in piedi che il sonno era a un tratto scomparso, pieno di spavento e di gioia insieme tutto madido di sudore e, ancora stupefatto per l’apparizione così netta di quella potente dea […]”
Questo racconto di Apuleio è emblematico. Il primo elemento è l’aspetto mistico, lo stato di trance in cui si trova il protagonista che tra sonno e veglia, avverte già la presenza divina. Poi subentra la preghiera di invocazione verso un essere superiore che possa aiutarlo nella sua disgrazia, la fede e la speranza giocano un ruolo determinante per l’energia che si sprigiona dalle sue parole. La figura che appare ai suoi occhi è una divinità che abbaglia ed emana luce accecante. La luce e il globo sulla fronte (quasi un’aureola) che in questo caso sarebbe la luna, sono gli elementi predominanti. L’apparizione è una divinità femminile che indossa una tunica dai colori cangianti e un manto arricchito di fiori, frutti e stelle scintillanti, simbolo dell’abbondanza, della prosperità, della gioia. Chi è costei? Si presenta come la madre della natura, la divinità di tutti gli elementi. Tutti i popoli la chiamano con vari nomi, a seconda della loro fede e delle loro credenze, ma questo poco importa, colei che è apparsa rappresenta la madre di tutte le genti della terra, ma per maggiore comprensione al fedele, dice di essere Iside, attualizzando la sua apparizione per l’interlocutore che vive nel II secolo d. C. La visione di Lucio è paragonabile alle estasi mistiche legate a tutte le religioni, in quanto si possono constatare elementi comuni come lo stato di trance, la luce che emana la figura, l’aureola o disco luminoso sul capo, che contraddistingue la sacralità della immagine apparsa. Un altro aspetto rilevante è che spesso la personificazione al femminile coincide con la presenza dell’acqua sia come sorgente che sgorga all’improvviso, o si trova già sul luogo dell’apparizione, come in questo caso, il mare. L’acqua è il primo passaggio fondamentale della purificazione. Altra caratteristica comune è il fatto che venga trasmesso un messaggio. Si tratta dunque quasi sempre di una madre di tutti gli uomini, benefica e soccorritrice negli affanni. C’è da considerare anche l’aspetto salvifico. È venuta per salvare e consolare, aspetto che accomuna le apparizioni nelle religioni anche cristiane. Inoltre la fede e la preghiera sono due canali indispensabili per stabilire un contatto con il trascendente. Bisogna rilevare che la divinità invia un messaggio indirizzato a tutta l’umanità, finalizzato a testimoniare la presenza del divino per un cambiamento radicale nei comportamenti. Nel caso di Iside, tale è il nome della dea, viene dettato il rituale sacro da seguire per la consacrazione della presenza divina. Rito, simbolo, insegnamenti camminano sempre assieme in questi fenomeni, per una definitiva consacrazione del prescelto, che ha avuto la visione e a sua volta deve diffondere e mettere in pratica le istruzioni date. Lucio ha le sembianze di un asino, ma attraverso l’intercessione divina, ritornerà ad essere uomo. Si tratta di una metafora per indicare che il cambiamento esteriore coincide con una totale conversione spirituale, un vero e proprio processo iniziatico, che attraverso il rito e la purificazione, una completa catarsi interiore, porta verso la luce e l’illuminazione. Si vuole sottolineare l’universalità dell’esperienza umana venuta a contatto con il trascendente, fenomeno che può verificarsi per tutti gli uomini senza differenza di religioni, razze, confini territoriali, tempi, ma in un affratellamento unico della nostra specie dalla preistoria ai nostri giorni. Il sacro e il divino sono condizioni dell’essere umano che non conoscono differenze o barriere create dall’uomo nella sua precarietà terrena, che tende a dividere e a combattere i suoi simili dalla notte dei tempi.
3 commenti a “Apuleio e L’asino d’oro”
Condivido in pieno l’interpretazione della studiosa e le conclusioni che tra dall’esperienza mistica di Lucio- asino-Uomo nuovo! Etc…”
“Il sacro e il divino sono condizioni dell’essere umano
Correggo “trae” Etc… dopo la citazione
Grazie per il complimento